“Comprendere sul piano intellettivo, afferrare con la mente”
“Ogni volta che vedo un orso nel suo ambiente naturale è come se mi strappassero via i vestiti che la civiltà moderna mi ha cucito addosso. D’un tratto sono tutt’uno con la terra su cui poggiano i miei piedi.
Sebastiana me le sento qui, nella pancia, anche se è lontana e sembra piccola piccola in fondo alle lenti.
La montagna non è più la stessa dopo che hai visto l’orso che la abita”.
Da L’estate dell’orsa maggiore di Giuseppe Festa.
Parto da qui, facendo mio questo pensiero e trasformandolo sulla base del mio vissuto.
Non ho mai visto orsi, forse per sbaglio ho visto un lupo, ma non ne sono sicura, quindi non so quale emozione possa “esplodere” dentro al cuore in quel momento, quello che ho però capito leggendo questa frase è come mi sento quando io sono lì, in natura.
Mi sento come se stessi riallacciando una trama allentata dalla quotidianità, percepisco che nel ciclo della vita e della natura noi sapiens siamo parte dell’ingranaggio reale delle cose, quando sono lì molto evidente, chiaro.
Poi ad un certo punto la civiltà moderna ci ha convinto che l’evoluzione della nostra specie passa attraverso merci e bisogni sempre più urgenti e indispensabili e abbiamo cominciato ad allontanarci dalla natura.
Quando sono non mi serve niente.
Non esiste un prima, mi sembra di far parte di quel tutto da sempre, come se la mia vita quotidiana distante km non fosse mai esistita e non mi stesse aspettando al mio rientro a casa.
È una sensazione totalizzante.
Camminare su sentieri in mezzo alla natura mi riporta all’essenza delle cose, alla loro reale importanza, come se la zavorra che a volte mi rallenta si sgretoli passo dopo passo per darmi la possibilità di arrivare in cima, o in fondo, leggera come il vento.
Accade che mi sento con i piedi ben radicati a terra e io non sono più Alessandra Pasini o Pasa gioielli, ma sono un essere umano, ingranaggio come altri miei simili, di un meccanismo perfetto che la natura ha creato e nel quale abbiamo la stessa identica importanza di una foglia.
Durante la nostra storia, quella dei sapiens, deve essere accaduto qualcosa ad un certo punto perché ci siamo pensati migliori e abbiamo cominciato ad allontanarci da tutto quello che era “casa”.
Una persona che ho conosciuto in Abruzzo mi ha detto che non esiste frattura tra natura e uomo, più semplicemente l’uomo si è allontanato dall’ambiente naturale, ma la natura, l’uomo ce l’ha dentro e prima o poi torna: ecco credo che in quei momenti io stia assaporando un ritorno a un ambiente a cui sento di appartenere e dal quale per un po’ mi sono allontanata.
È questo che mi fa essere felice in quei momenti, sapere che dentro di me ho ancora accesa la fiammella del sapere da dove vengo, che in quei momenti è alimentata dai miei passi e dal mio sguardo.
Sono convinta che prima o poi non mi basterà più solo camminare, sono sicura che una futura parte della mia vita la trascorrerò la sulle mie amate montagne, perché credo che ad un certo punto tornare a “casa”diventi indispensabile.
Devo solo aspettare il tempo giusto.
Ale