Mi è capitato di rispondere spesso alla domanda “Quando è nata la tua passione per i gioielli?”, e la risposta mi porta sempre a un ricordo della mia infanzia.
Mettetevi comodi, perché questa è una storia lunga (pop-corn e bibita li avete?!).
Allora: vengo da una famiglia semplice, contadini e lavoratori instancabili.
Nel capanno dietro casa c’erano attrezzi di tutti i tipi e c’era un banco da lavoro. Su quel banco c’era la qualunque: dal martello ai pezzi di tubo per l’irrigazione dei campi, dal cacciavite alla serratura di qualche vecchia porta.
Per me quello era un posto meraviglioso: tutte quelle cose arrugginite, sporche, unte diventavano nella mia immaginazione i pezzi di un MEGA-LEGO da smontare, costruire e ricostruire centinaia di volte. Era galattico.
Dal metallo al gioiello
Penso di aver passato veramente un sacco di tempo in quel posto straordinario e sicuramente è nato tutto lì.
Quello che creavo non erano gioielli, ovviamente, ma oggetti di metallo che adesso farebbero invidia al miglior designer di gioiello contemporaneo (tema che affronterò prossimamente)… Insomma, lì ho cominciato a conoscere il signor metallo e poi la vita ha fatto il resto.
Come detto in qualche occasione, a scuola sono sempre stata una schiappa (fino alle superiori), e quando si è trattato di scegliere cosa fare dopo le medie il 2+2 è stato semplice: “mi piace disegnare? Ok, allora l’istituto d’arte è la scuola che fa per me”… E ancora più semplice è stato scegliere l’indirizzo di specializzazione: ARTE DEI METALLI (ricordate il signor ferro?) e dell’oreficeria.
E niente, mai scelta fu più azzeccata!!
Date a una quattordicenne imbranata e insicura una scuola meravigliosa e ne ricaverete una persona quasi sicura e felice di quello che fa.
Adesso ho 45 anni, di tempo ne è passato parecchio e la mia vita si è incanalata in talmente tante strade che alcune le ricordo appena, ma il ricordo di quel vecchio banco da lavoro con tutta quella roba sopra è vivo e limpido nella mia memoria in modo incredibile, è come se lo vedessi ancora!
In effetti è ancora lì, e quando mi capita di andare a casa dei miei genitori ogni tanto vado a frugare lì in mezzo, perché è come se tornassi un po’ indietro nel tempo, quando mi perdevo per interi pomeriggi a creare mondi metallici strabilianti.