«Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, affrontando solo i fatti essenziali della vita, per vedere se non fossi riuscito a imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non dover scoprire in punto di morte di non aver vissuto. Il fatto è che non volevo vivere quella che non era una vita a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, succhiare tutto il midollo di essa, volevo vivere da gagliardo spartano, per sbaragliare ciò che vita non era, falciare ampio e raso terra e riporre la vita lì, in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici.»
Sono sempre stata a contatto con la natura, da quella più immediata fuori dalla porta di casa, un giardino con polli e galline, a quella più “wild” vissuta frequentando il mondo scout.
Nel fine settimana spesso si stava in mezzo a boschi (quando non si stava in chiesa, io ovviamente preferivo stare in mezzo ai boschi).
Mi sentivo spesso un piccolo animaletto che adorava sporcarsi le mani con la terra e costruire rifugi di fortuna con il materiale più differente, si costruire, creare, “dare vita” a qualcosa che prima non c’era, cavoli, qualcosa di proprio figo.
Crescendo a quel divertimento si è aggiunto anche l’aspetto più emotivo, ho cominciato ad ascoltarmi, a provare un sentimento di pace quando stavo lì, in quel silenzio irreale, a cospetto di immensi e saggi alberi secolari o a cercare con i miei passi di non recare disturbo alcuno.
I boschi sono per me un luogo di riflessione, dove smetto di essere Pasa gioielli e ritorno ad essere Ale, mi dimentico di tutto il resto, o meglio, rifletto su tutto il resto in modo lucido, calcolato e distaccato, come se l’imminente domani fosse un domani che non arriverà mai.
Quando sono lì, il domani non ha importanza.
Sono sempre più convinta che se stessimo un po’ più a contatto con la natura il quotidiano acquisterebbe un valore diverso, nuovo, visionario.
Potremmo imparare a dare il giusto peso alle cose, potremmo renderci conto di quanto, in relazione al “tempo” della terra, le nostre esistenze risulterebbero meno importanti e potremmo trovare il compromesso giusto tra il nostro ego e tutto il resto, smettendo di considerarci come esseri migliori di altri.
E questi 4 pezzi, che sono una piccola visione arrivata in un giorno qualunque, hanno un po’ la pretesa di raccontare di quel primitivo contatto tra l’umano e il luogo che lo accoglie.
Sono pezzi unici e mentre scrivo queste poche righe 3 di loro sono già in luoghi diversi da dove sono stati creati e uno, l’ultimo rimasto, è in attesa di andarsene, già prenotato per una famiglia speciale.
Ne farò altri, diversi, unici, si, sicuramente ne farò altri.
Buon LAND || SCAPE a tutti